Drifting al tonno rosso. In quasi tutti gli sport c’è la categoria che, rimanendo nell’ambito di quella stessa disciplina, rappresenta lo stato dell’arte, la massima espressione, il top… dove tutto viene spinto, portato al massimo, quasi all’estremo. Nell’atletica sono i 100mt, nel motociclismo la MotoGP, nel pugilato i pesi massimi… e così via, potrei continuare per ore. Non è da meno la pesca. In questo post parleremo dei pesi massimi, della Formula 1 della pesca in mare: il drifting al tonno rosso. Una tecnica che nel corso degli ultimi tempi ha avuto una notevole evoluzione arrivando a dei livelli di raffinatezza che solo 6-7 anni fa in pochi avrebbero immaginato. Uno dei pionieri e trascinatori di questa evoluzione nel Tirreno settentrionale è sicuramente il mio amico, Piombinese DOC e compagno di 1000 avventure, Marco Franchi, vera e propria istituzione e riferimento di questa tecnica. Come Marco spesso ribadisce:
“Alcuni anni fa, data l’abbondante presenza di questa specie in Tirreno, in determinati periodi bene o male tutti riuscivano ad effettuare catture; da un po’ di anni l’affluenza è decisamente calata con l’inevitabile conseguenza che solo chi mette in atto perfettamente la tecnica riesce ad ottenere risultati soddisfacenti e ridurre quasi a zero i tanto odiati cappotti!”
Come in ogni tecnica, anche nel drifting al tonno se si desidera ottenere risultati degni di nota risulta essenziale aver cura di ogni dettaglio ed eseguire tutto alla perfezione. Entriamo nello specifico di questa tecnica analizzando punto per punto quello che è obbligatorio fare per risultare vincenti.
L’attrezzatura
Oltre che nei materiali impiegati, la principale evoluzione che si è avuta nel drifting al tonno è stato il drastico ridimensionamento dei diametri dei finali. Con l’obiettivo di portare al minimo la sospettosità delle nostre prede siamo passati infatti dai terminali in nylon di diametro 1,0 mm (in qualche caso addirittura anche 1,5mm o 2,0mm) di qualche anno fa agli estremi 0,60mm in fluoro carbonio odierni.
Questa riduzione, come detto obbligata dalla diminuzione della presenza della specie nei nostri mari, ha comportato un alleggerimento di tutta l’attrezzatura impiegata. Per equilibrare tutto il sistema pescante oggigiorno abitualmente vengono usate canne di potenza 30/50 lb (solo nelle configurazioni più heavy 50lb) abbinate a dei mulinelli rotanti di 30 o 50lb. Questi libraggi si rivelano adeguati con i tonni che abitualmente popolano il Tirreno settentrionale rendendo molto divertenti i combattimenti; quando però, come purtroppo sempre meno frequentemente capita, ci si imbatte in un over 100… beh, a quel punto non rimane altro che armarsi di tanta pazienza, cominciare a “pompare” e andare avanti finché non ne avremo la meglio!
Quando si ha a che fare con animali della potenza e della mole dei tonni l’attrezzatura da tenere in considerazione non si ferma a canna, mulinello e finale. Ci sono una serie di altri accessori che risultano indispensabili sia per la buona riuscita della cattura sia per preservare al meglio la nostra incolumità e salute soprattutto se si è dei principianti del drifting al tonno. Qui di seguito una breve analisi dei più comuni:
Cintura, renale, dorsale
Il tonno è uno dei pesci più combattivi che abitano i nostri mari, già esemplari di 30-35kg mettono alla prova la nostra preparazione fisica ed affrontarli senza almeno una cintura ed un renale risulta assai faticoso. Con questa accessori si riesce a trasferire l’azione di combattimento dalle sole braccia a tutto il corpo; se tutto è regolato al meglio basterà infatti flettere leggermente le gambe, spingere un pò indietro il corpo e sfruttando il nostro peso si riuscirà ad esercitare una notevole forza sulla canna.
Guanti
Accessorio indispensabile, non tanto nella normale azione di recupero in quanto durante questa fase si sfrutta principalmente il nostro peso; sono da indossare preventivamente in caso qualcosa non andasse per il verso giusto nell’azione di recupero a livello di nylon, mulinello o canna.
Raffio
Se decidete di far salire a bordo un tonno dovete essere sicuri che non vi smonti la barca!
Il finale
Abbandonato definitivamente il vecchio sistema con girella-moschettone e finale di 1,2 mt, il drifting al tonno oggi si esegue con un finale molto più lineare e di gran lunga meno visibile. Alla lenza (o dynema) imbobinato nel mulinello si aggiunta uno spezzone di circa 12mt di fluor carbon. La giunzione normalmente si esegue senza nodi utilizzando appositi rocchetti per legature disponibili in commercio (molto buono il CoCo di Colmic). Alla fine del fluor carbon si applica una girella agganciata direttamente all’occhiello dell’amo. L’assemblaggio di questi due elementi può essere tranquillamente fatto artigianalmente mediante l’uso di apposite pinze; in questo modo si riesce ad avere a disposizione tutta la gamma sia di girelle che di ami disponibili sul mercato. Tuttavia, per coloro che hanno poco tempo o poca dimestichezza con arnesi non proprio da pesca, in commercio ne esistono di già pronti: molto buona la Serie 177-BB Offshore di Tubertini.
Fermi o in movimento?
Il drifting al tonno si può effettuare sia ancorati che a scarroccio. La scelta di uno dei due sistemi è legata alla necessità di eseguire una perfetta pasturazione; questa risulta infatti essere una delle azioni essenziali, da eseguire alla perfezione, per poter impostare una battuta di pesca proficua. In questa disciplina più che di spot si parla di aree di pesca; i luoghi dove caliamo le nostre lenza hanno infatti superfici di decina o centinaia di miglia quadrate, e per ottenere dei risultati è necessario sfruttare la voracità dei nostri amici pinnuti. Dobbiamo quindi creare una scia continua e cadenzata di tocchetti di sardina in modo che, una volta che incapperanno in uno di questi pezzetti, risalgano la scia continuando a mangiare, a volte anche per miglia, fino alla fonte; sarà nostra premura intrufolare all’interno della scia di sardine i nostri terminali al meglio camuffati.
Personalmente opto per la soluzione “in movimento” quando mi trovo in assenza di corrente; sfrutto il vento, regolando la velocità di scarroccio con ancore galleggianti, per creare la scia.
Quando invece sono in presenza di corrente mi ancoro. Adottando la soluzione “da fermo” è importante preparare allo sgancio la cima dell’ancora già prima di calare il primo terminale visto che a volte capita che lo strike arriva immediatamente mentre si mette in pesca la prima canna. E’ buona abitudine inoltre decidere a priori “chi fa cosa ed in che ordine”; questo perché, pescando con più canne, al momento dello strike le operazioni da fare sono diverse. Soprattutto se si è pochi a bordo, il tempo che serve a tirare su le altre canne e sganciarsi dall’ancora è all’incirca lo stesso che serve ad un tonno di medie dimensioni per svuotare di 3/4 il mulinello! Basta che qualcosa vada storto e si rischia di vanificare ogni sforzo.